Voglio fare causa al mio datore di lavoro
C’è una regola che vale su tutto: chi ha ragione non ha bisogno di prove né può temere qualsiasi ricatto o ritorsione. Ma si deve avere ragione, senza gonfiare le cose ed analizzando i fatti con obiettività.
- Il mio datore di lavoro non mi paga da mesi, cosa posso fare per obbligarlo a pagare?
- Il mio datore di lavoro è un emerito stronzo, voglio fargliela pagare… non sa cosa posso fare quanto mi arrabbio!
- Il mio datore di lavoro ci prova con me spudoratamente.
- Il datore di lavoro di mia moglie la maltratta e le fa fare turni assurdi.
E chi più ne ha più ne metta…
Capita spesso di sentire storie dove un lavoratore o lavoratrice lasciano una azienda, perché arrivati a non poter sopportare più il pesante clima che si è creato al posto di lavoro, e di essere entrati in una nuova realtà dove la prima azienda, messa a confronto, era il paradiso.
Quale è il compito di un imprenditore e del collaboratore?
Che se ne voglia dire, l’imprenditore ha il compito di curare gli interessi dell’azienda.
Il collaboratore invece, anche senza essere trasformato in un numero privo di anima, ha il compito di trasformare in fatti quelli che sono gli ordini impartiti dall’imprenditore e suo datore di lavoro.
Clima sul posto di lavoro
Un clima sereno, un ambiente di lavoro privo di stress o quale altra fonte di disagio sono le basi per una collaborazione e rapporti duraturi.
Quando si viene assunti si pensa sempre di ammorbidirsi, accettando qualsiasi tipo di contratto (una volta assunti anche qualsiasi tipo di ricatto) perché ciò che si rischia è qualcosa di più importante: il posto di lavoro e lo stipendio mensile.
Sicuramente se l’ultimo stipendio ricevuto risale all’età della pietra, questo non è un ambiente sereno. Ma per quale motivo lo stipendio tarda a mancare?
L’azienda è economicamente in crisi? L’imprenditore e datore di lavoro sono persone “furbe” che prima di tutto pensano alle proprie tasche?
Esistono vari motivi e possibilità per le quali uno stipendio può saltare o tardare. Ciò non significa che sia giusto!
Se il clima invece è molto più pesante, rientrante tra quelle cose che non dovrebbero mai accadere, la denuncia alle autorità preposte è inevitabile.
Nessun datore di lavoro, in alcun modo e misura, può obbligare il proprio collaborare ad azioni contro la sua volontà, tanto meno con minacce o ricatti, anche velati, che gli fanno intendere “o lo fai o ti licenzio”.
Pensa un po’: è ricatto, lo afferma anche la Cassazione, quando un datore di lavoro riduce la paga al dipendente per obbligarlo ad eseguire determinati compiti e, solo dopo forse, lo stipendio sarà rivalutato. E non è vero che, se hai firmato la busta paga, hai accettato quella somma e tutto finisce lì!
Quello che si deve fare in questi casi, quello che ci sentiamo di consigliare, è valutare attentamente se rivolgersi ad un legale (che giustamente vorrà e dovrà essere pagato a meno di “averlo in casa”) oppure optare per una preventiva e sana chiacchierata con il proprio titolare e datore di lavoro ammorbidendo un attimo il tiro (ammorbidendo, non sottomettendosi).